Ho ritrovato alcuni cataloghi di una vecchia mostra del 96, con una critica di Mario Cossali, che trovo così bella e tuttora valida per descrivere la mia ricerca artistica.
Francesca Miceli sta conoscendo una nuova stagione creativa nella sua pittura e questa stagione si caratterizza per una libertà espressiva carica di energia, figlia di quella felicità che nasce dalla continua invenzione di forme legate alla vitalità esistenziale e al suo desiderio intimo di comunicazione.

Di più, anzi:la comunicazione è intesa qui come un processo inarrestato, inarrestabile, un processo circolare di movimenti che vanno via via accumulandosi. Ogni movimento ne genera un altro, ogni generazione è una modifica di entrambi. Ma che cos’è questo movimento? E’ la storia, è la struttura riproduttiva della vita, è l’avventura felice di un occhio inquieto, è la serialità delle immagini, dei sentimenti, dei pensieri, che sempre ritornano su se stessi, diversi da come erano partiti, o è forse l‘anima e la forma della danza che tanto conta nella vita di Francesca Miceli? Una risposta precisa sarebbe, credo, sbagliata. Nelle nuove composizioni della nostra pittrice c’è tutto quello che abbiamo detto, ma non solo, c’è il funambolismo ma anche la tensione ad inventare nuove relazioni con l’Altro nella consapevolezza, che il volersi bene è l’unico modo per garantire felicità nell’incontro con il mondo.

Ecco allora il senso vero di queste forme che procedono accumulandosi colorate e delicate, una sull’altra senza soluzione di continuità: rappresentano gli occhi e il cuore della pittrice, ma nello stesso tempo descrivono un panorama più ampio, un disegno del mondo, un rilievo dell’orizzonte. Per capirci ancora meglio serviamoci di Gottfried Benn quando scrive: “Per colui che si sforza di dare espressione alla propria interiorità l’arte non è qualcosa che attenga alle scienze umane, bensì qualcosa di fisico come l’impronta digitale”.

Ed è così anche per Francesca Miceli, perché le sue forme sono il suo modo di conoscere e ancora meglio di camminare nel mondo. Noi possiamo immergerci nel loro ritmo, con gli occhi e con il corpo e dare a nostra volta espressione alla nostra interiorità con questi colori, con queste forme ora compiute ora rotte da un segno che non vuole riprodurre ma inventare.

Luglio 1996- Mario Cossali